Josè Saramago e il viaggio

Il viaggio non finisce mai. Solo i viaggiatori finiscono. E anche loro possono prolungarsi in memoria, in ricordo, in narrazione. Quando il viaggiatore si è seduto sulla sabbia della spiaggia e ha detto: “Non c’è altro da vedere”, sapeva che non era vero. La fine di un viaggio è solo l’inizio di un altro. Bisogna vedere quel che non si è visto, vedere di nuovo quel che si è già visto, vedere in primavera quel che si è visto in estate, vedere di giorno quel che si è visto di notte, con il sole dove la prima volta pioveva, vedere le messi verdi, il frutto maturo, la pietra che ha cambiato posto, l’ombra che non c’era. Bisogna ritornare sui passi già fatti, per ripeterli, e per tracciarvi a fianco nuovi cammini. Bisogna ricominciare il viaggio. Sempre. Il viaggiatore ritorna subito. (da Viaggio in Portogallo, p. 457)

Josè Saramago nacque ad Azinhaga il 16 Novembre 1922 ma l’intera famiglia si trasferì due anni dopo la sua nascita a Lisbona. Dopo i primi precari lavori che intraprese dopo aver abbandonato gli studi tecnici per motivi economici iniziò a lavorare nel mondo dell’editoria come direttore di produzione.

Sposò Ida Reis nel 1944 ed insieme ebbero una figlia, Violante.

Fu scrittore, giornalista, drammaturgo, poeta, critico letterario e lavorò anche come traduttore.

Da giornalista subì spesso lo stop della censura del dittatore portoghese Salazar e anche il suo primo libro del 1947 Terra del peccato non fu accolto benevolmente.

Negli anni ’60 fu impegnato come critico per il Seara Nova e in seguito lavorò al Diaro di Lisboa. In questo periodo si dedicò alla poesia e pubblicò I poemi possibili e Probabilmente allegria.

Si iscrisse clandestinamente al Partito Comunista Portoghese riuscendo a sottrarsi alla polizia politica di regime.

Il suo successo come scrittore fu successivo alla Rivoluzione dei Garofani  con la pubblicazione di Manuale di pittura e calligrafia nel 1977 al quale seguirono Una terra chiamata Alentejo nel 1980 e Memoriale del convento nel 1982. La consacrazione avvenne con L’anno della morte di Ricardo Reis e con la Storia dell’assedio di Lisbona del 1989.

Probabilmente perché faceva bene il suo lavoro, non ebbe mai timore di esprimere le sue opinioni anche se doveva confrontarsi con numerose critiche e accuse come quella di antisemitismo in seguito alle sue affermazioni in difesa del popolo palestinese o il netto distacco con la Chiesa Cattolica portoghese a causa dei due suoi libri Il Vangelo secondo Gesù e Caino che ebbero come conseguenza quella di un esilio volontario alle Canarie. Non risparmiò neppure critiche all’allora premier Silvio Berlusconi tanto che le sue opere non furono più stampate per Einaudi, nel ’94 controllata dal gruppo Mondadori di Berlusconi.

Il suo stile narrativo è unico e spettacolare, l’uso dei lunghissimi periodi, i discorsi diretti liberi, l’essenzialità della punteggiatura, l’ironia pungente, gli incipit che spesso rimandano ad eventi tra l’assurdo e il surreale ne fanno un gigante della letteratura.

Cecità del 1995 è considerato il suo capolavoro. Allegoricamente critica la società contemporanea disorientata e cieca di fronte alla massificazione dei contenuti e dei costumi, di fronte alla globalizzazione che si oppone alle piccole realtà di ogni giorno, di fronte all’indifferenza rispetto agli altri che ci isola e ci rende egoisti e ciechi pur avendo le facoltà per vedere.

Saramago fu insignito del premio Nobel per la letteratura nel 1998. Morì a Tias nel 2010.

Ma il viaggio non finisce mai. E’ bello viaggiare da una pagina all’altra dei suoi libri ricominciando un nuovo andare, un nuovo scoprire, guardando diversamente ciò che abbiamo già visto in una metafora continua che ha reso le sue parole immortali.

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